C’è qui al Nord un circolo culturale che è nato nella periferia milanese, a Quarto Oggiaro (un tempo chiamata “Corea”, o “Barbon city”). Questo circolo, senza troppi soldi e senza padrini, ha continuato a svolgere le sue attività sotto ogni clima culturale, sociale e politico e ora compie 50 anni. È il circolo Carlo Perini, nato nel 1962 in quel crogiolo di fermenti che fu la cultura del cattolicesimo conciliare e arrivato felicemente fino a oggi.
Tra mille difficoltà, testimonia il suo fondatore e presidente, Antonio Iosa, che ne ha viste di tutti i colori e ne ha subìte tante (da un assalto fascista alla sede fino a una gambizzazione delle Brigate rosse che gli ha lasciato segni indelebili). Difficoltà ne ha avute tante, il Perini, avendo attraversato l’incredibile storia italiana, gli anni Sessanta dei fermenti, i Settanta dei conflitti, gli Ottanta della Milano da bere, i Novanta di Mani pulite e poi del berlusconismo e del leghismo, fino al nuovo millennio.
Il circolo Perini oggi (ma non è una novità) ha problemi di finanziamenti. Sarebbe un peccato morire a 50 anni, e proprio quando a Milano comincia a soffiare un vento nuovo. Scrive il suo presidente Iosa: “Nessuno avrebbe scommesso un soldo, nel lontano 1962, sulla nostra longevità storica nel panorama culturale milanese. La nostra presenza non si è mai identificata con la cultura del piagnisteo o della semplice contestazione alle istituzioni, ma con l’elaborazione di progetti e proposte, studi e ricerche, attività svariate che decentrano l’eccellenza culturale nei quartieri e che valorizzano la cultura e la storia locale.
E siamo qui, con la nostra caparbietà scomoda, a svolgere il nostro dovere di presenza e di testimonianza, per chiedere un cambio di indirizzo alla politica culturale milanese. Rivendicando un coinvolgimento che rispettando la nostra autonomia promuova con l’ente pubblico progetti specifici d’interesse culturale, valorizzando e armonizzando le esperienze di associazioni volontarie presenti sul territorio.
Se si esamina la delibera della giunta comunale milanese del 30 dicembre, che ha erogato contributi al sistema culturale milanese, risulta evidente che è stata privilegiata la rete degli operatori culturali milanesi in rappresentanza della cultura borghese centralistica ed espertocratica. Sono stati negati anche contributi modesti a progetti minori degli enti culturali periferici, che pur svolgono un servizio di qualità fondamentale e che sono stati sfacciatamente discriminati ed esclusi dal contributo. Eppure bastavano 50 mila euro per compiere un atto di riconoscimento ad almeno venti enti culturali, che vivono e operano fra emarginazione e silenzio sul territorio dei quartieri di Milano.
I loro progetti non sono stati presi in considerazione, perché si continua a privilegiare l’alta cultura borghese e da salotto o la cultura di enti che sono anche fabbriche di voti per un tipo di ideologia politica. Non esiste una cultura di serie A per il centro storico e la borghesia più o meno illuminata e una cultura di serie B per i quartieri popolari, che necessitano d’una progettualità decentrata di eccellenza dal centro in periferia”. Salviamo dunque il soldato Iosa e, con lui, l’attività culturale a Quarto Oggiaro.
Il Fatto Quotidiano, 19 gennaio 2012
Tra mille difficoltà, testimonia il suo fondatore e presidente, Antonio Iosa, che ne ha viste di tutti i colori e ne ha subìte tante (da un assalto fascista alla sede fino a una gambizzazione delle Brigate rosse che gli ha lasciato segni indelebili). Difficoltà ne ha avute tante, il Perini, avendo attraversato l’incredibile storia italiana, gli anni Sessanta dei fermenti, i Settanta dei conflitti, gli Ottanta della Milano da bere, i Novanta di Mani pulite e poi del berlusconismo e del leghismo, fino al nuovo millennio.
Il circolo Perini oggi (ma non è una novità) ha problemi di finanziamenti. Sarebbe un peccato morire a 50 anni, e proprio quando a Milano comincia a soffiare un vento nuovo. Scrive il suo presidente Iosa: “Nessuno avrebbe scommesso un soldo, nel lontano 1962, sulla nostra longevità storica nel panorama culturale milanese. La nostra presenza non si è mai identificata con la cultura del piagnisteo o della semplice contestazione alle istituzioni, ma con l’elaborazione di progetti e proposte, studi e ricerche, attività svariate che decentrano l’eccellenza culturale nei quartieri e che valorizzano la cultura e la storia locale.
E siamo qui, con la nostra caparbietà scomoda, a svolgere il nostro dovere di presenza e di testimonianza, per chiedere un cambio di indirizzo alla politica culturale milanese. Rivendicando un coinvolgimento che rispettando la nostra autonomia promuova con l’ente pubblico progetti specifici d’interesse culturale, valorizzando e armonizzando le esperienze di associazioni volontarie presenti sul territorio.
Se si esamina la delibera della giunta comunale milanese del 30 dicembre, che ha erogato contributi al sistema culturale milanese, risulta evidente che è stata privilegiata la rete degli operatori culturali milanesi in rappresentanza della cultura borghese centralistica ed espertocratica. Sono stati negati anche contributi modesti a progetti minori degli enti culturali periferici, che pur svolgono un servizio di qualità fondamentale e che sono stati sfacciatamente discriminati ed esclusi dal contributo. Eppure bastavano 50 mila euro per compiere un atto di riconoscimento ad almeno venti enti culturali, che vivono e operano fra emarginazione e silenzio sul territorio dei quartieri di Milano.
I loro progetti non sono stati presi in considerazione, perché si continua a privilegiare l’alta cultura borghese e da salotto o la cultura di enti che sono anche fabbriche di voti per un tipo di ideologia politica. Non esiste una cultura di serie A per il centro storico e la borghesia più o meno illuminata e una cultura di serie B per i quartieri popolari, che necessitano d’una progettualità decentrata di eccellenza dal centro in periferia”. Salviamo dunque il soldato Iosa e, con lui, l’attività culturale a Quarto Oggiaro.
Il Fatto Quotidiano, 19 gennaio 2012
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