Da 7 anni nel tempo libero si prende cura di un’isola fiorita della periferia di Milano. L‘entusiasmo ha contagiato la comunità e molti portano semi e piante: c’è chi l’aiuta con la potatura e chi si ferma incantato a riposare all’ombra.
Capaci tutti (anzi pochi) di creare un giardino. Di accudirlo e fiorirlo. Ma di accudire e fiorire insieme al giardino l’anima di un quartiere, i suoi abitanti? Da sette anni la signora Anna, quando è libera dal lavoro e dagli impegni familiari, è lì, indomita, nell’incredibile isola fiorita che ha creato dal nulla nel parco di Villa Scheibler, in un quartiere periferico di Milano. Gratis naturalmente. Come in ogni fiaba, tutto ha inizio da una ferita: un albero di rose, di 40 anni, agonizzava in un angolo, sradicato dai lavori per la ristrutturazione della villa. In molti passando avranno pensato che peccato. Ma Anna dal pensiero è passata all’azione.
Il trapianto
Ha chiesto se poteva salvarlo trapiantandolo più in là, al riparo dei lavori, davanti allo Spazio Baluardo, sede dell’Associazione Culturale Unisono, giovani volontari entusiasti, molto attivi nel quartiere. Giorno dopo giorno hanno seguito la convalescenza del poveretto: «Sarebbe bello avere qui intorno altri fiori», si sono detti. Hanno ottenuto il permesso comunale per la creazione di un giardino-orto didattico: Anna non l’ha più fermata nessuno e loro le danno, appena possono, una mano per i lavori più pesanti. Come nel celebre «L’uomo che piantava gli alberi», la donna che pianta alberelli sta compiendo una piccola rivoluzione. Lui seminava ghiande e una landa desolata era diventata un bosco di querce: quello che sta facendo Anna può vederlo ogni milanese.
Un’esplosione di colori
Ora è un dorato giardino d’autunno, in primavera un’esplosione di colori che fa bene all’anima. Infatti oltre al giardino sta fiorendo, per contagio, un intero quartiere. Quarto Oggiaro non ha solo ombre, numerose associazioni, con Villa Aperta, fanno l’impossibile per mostrare anche il suo versante al sole, generoso. Come ti apre il cuore quel viavai di persone che arrivano con doni di semi, di talee, pensionati dal pollice più che verde si aggirano incantati. Una signora cinese non parla italiano ma ha donato una radice di campanula del suo paese, in lingua vegetale comunica benissimo; due badanti ucraine d’estate portano in villeggiatura i vasi delle loro vecchine; un giorno ha sostato qui persino chi non ama sostare, un «corridore» del parco, ha aiutato Anna per una potatura e dopo mesi è tornato, da giovane barman, chiedendo foglioline fresche di menta per i suoi aperitivi. Non è finita: un’amica ha donato bacche di Goji, un pizzaiolo la preziosa cenere del suo forno a legna; tre castagne di un gentile signore sono diventate un albero; un cachi donato da un volontario Unisono per la nascita del figlio è zeppo di frutti.
Più civiltà
Atti di vandalismo? Nessuno e pare incredibile. Solo contro qualche panchina più in là; e subito le schegge ferite sono diventate paletti per aiuole, nulla va perso, aghi di pino per dare acidità, cortecce per proteggere, foglie cadute per compost. Anche dai Comuni vicini arrivano visitatori: chiedono consigli, ne danno, fotografano fiori e farfalle, è un luogo che ti mette voglia di migliorarlo questo nostro mondo. Ai bambini, quando può, Anna dona un seme, un vasetto: nel futuro ci crede. Le ho chiesto a quando risale questa sua calda passione: all’infanzia. Che radici lunghe! E lunghe diventeranno quelle di questi alberelli, là sotto si ricongiungeranno forse con quelle dell’antico Vivaio, nel canale di allora camminano oggi tante arzille famigliole di fragole. Villa Scheibler, regina del parco e del quartiere, le tiene d’occhio. P.S. Da qualche giorno, sotto un figlio di quella rosa che ha dato inizio a questa storia, è stato avvistato un nanetto.
Articolo di Vivian Lamarque del corriere.it